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PRESTIDIGITAZIONE - MAGIA - ILLUSIONISMO


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Harry Houdini nacque a Budapest il 24 marzo 1874, e i genitori, Samuel e Cecilia Weizs (foto sottostante), gli diedero nome Ehrich. Poco dopo la nascita del bimbo, la famiglia s'imbarcò per New York e di qui continuò il viaggio all'interno fino ad Appleton, nel Wisconsin, dove Samuel divenne rabbino nella sinagoga locale. Ma non riusciva ad adattarsi alla nuova vita, come se il trasferimento lo avesse svuotato di tutte le sue energie e speranze. Era un uomo colto, di 45 anni, ma sia lui che la moglie non si sforzarono d'imparare l'inglese. Houdini crebbe parlando tedesco in casa e un inglese gergale e sgrammaticato fuori. La sua era una famiglia felice dove regnava l'amore. Cecilia, che sbrigava in allegria le faccende domestiche, compensava largamente le lamentele di Samuel.
Poi Samuel decise di stabilirsi a New York nella speranza che la numerosa comunità ebraica contribuisse al mantenimento di un erudito ebreo. Ma il suo reddito era assai modesto e i figli dovettero andare a lavorare. Nel novembre del 1888 Houdini, allora quattordicenne, trovò lavoro come tagliatore in una fabbrica di cravatte, la Richter's Sons, dove venne introdotto per la prima volta nel mondo della magia.
L'illusionismo, o magia bianca, nel secolo scorso era soprattutto rappresentazione teatrale, elevata a grande dignità da celebri illusionisti, tra cui Carl Herrmann (vedi foto sottostante). Questi aveva portato il suo spettacolo attraverso l'Europa esibendosi davanti a molte teste coronate. La magia diventò lo svago alla moda per le famiglie importanti e quando Carl iniziò ai misteri della magia alcuni rampolli d'alto lignaggio, fu ricompensato con oro e pietre preziose. Le prime esperienze di Houdini furono facili trucchetti con carte da gioco e monete.



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Nella fabbrica di cravatte c'era un altro giovane con il suo stesso interesse, un certo Jacob Hyman. Insieme si esercitavano con molto impegno e sognavano di diventare un giorno dei professionisti. Houdini sperava, attraverso l'illusionismo, di entrare come Herrmann nel favoloso mondo degli imperatori, dei re e dei viaggi in terre straniere. Era comunque consapevole del fatto che nonostante le loro straordinarie imprese, Herrmann e altri illusionisti restavano pur sempre degli uomini di spettacolo, e Houdini non era certo che un simile destino lo avrebbe soddisfatto.
Fu a quel tempo che Houdini e Jacob conobbero un altro appassionato di magia, Joe Rinn. Questi aveva partecipato a sedute spiritiche che presupponevano il ritorno sulla terra degli spiriti dei defunti per comunicare con i vivi. Accadeva che qualcuno dei presenti fosse accarezzato da mani invisibili, che strumenti musicali suonassero senza essere toccati, che tavolini ballassero. Houdini era ansioso di sapere se era tutto vero e interrogava Joe con insistenza. Joe aveva dei dubbi: a suo parere la maggior parte dei medium erano impostori. Quelli onesti, pur circondandosi di un'aura di mistero, tenevano a sottolineare che la loro magia si basava su fenomeni puramente fisici.
Agli inizi del 1891 Houdini convinse Rinn a portarlo con sé a una seduta spiritica a New York. Andarono a casa di una certa Minnie Williams che, dopo aver preso posto in una cabina chiusa da pesanti tende, sembrò cadere in trance.
Poco dopo dalla cabina cominciarono a uscire delle figure, a volte sole, a volte in coppia, che alcuni dei presenti riconobbero come spiriti di loro congiunti. Ma poiché il pavimento scricchiolava sotto i loro passi, Houdini ne dedusse che quegli spiriti dovevano essere di corporatura piuttosto massiccia. In seguito, si dichiarò stupito che la gente si lasciasse trarre in inganno da una frode cosi palese.
Qualche settimana dopo Joe gli mostrò un libro appena pubblicato che descriveva quasi tutti i trucchi adottati dai medium per produrre fenomeni di spiritismo. Di tutti i segreti rivelati dal libro, quello che affascinò di più Houdini fu quello che spiegava come una persona legata strettamente con delle corde poteva sciogliersi e poi legarsi di nuovo. Alcuni medium si facevano legare per dimostrare ai presenti che i fenomeni spiritici accadevano senza trucchi.
Nel libro c'era un'esauriente spiegazione della dinamica dell'imbroglio. Houdini si esercitò a farlo con Jacob e ben presto i due divennero bravissimi. Ma Houdini non era ancora convinto che l'illusionismo fosse la strada giusta per lui.
Poi lesse le memorie di Jean-Eugène Robert-Houdin (vedi foto sottostante) e i suoi dubbi svanirono.

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Così, a 17 anni, divenne illusionista di professione, con Jacob come socio. Ma bisognava trovare un nome d'arte. Houdini aveva parlato in continuazione di Houdin, senza accorgersi di usare solo la seconda parte di un cognome composto di due nomi uniti da un trattino. Quanto a Jacob si era convinto che l'aggiunta di una "i" a un nome fosse la maniera europea di indicare un'analogia. Propose perciò il nome di Fratelli Houdini.
Si esibivano nelle birrerie, l'ultimo gradino del mondo dello spettacolo, posti rozzi, violenti, per soli uomini. Quel pubblico di ubriaconi si calmava forse per ascoltare una canzone sentimentale o un comico salace, ma gli altri artisti dovevano urlare non poco per farsi sentire. I Fratelli Houdini eseguivano un numero di 15 minuti che culminava con il trucco della sostituzione all'interno di un baule. Il baule era di legno e aveva uno sportello segreto che si apriva verso l'interno. A rendere popolare il trucco era stato 25 anni prima l'illusionista inglese John Neville Maskelyne. Si faceva chiudere a chiave nel baule che poi veniva legato e nascosto dietro un paravento. Dopo un po' il mago usciva sul palcoscenico e quando il paravento veniva tolto il pubblico poteva vedere che il baule era ancora chiuso a chiave e legato.
Houdini lo battezzò Metamorfosi. Il trucco era ben congegnato. Appena entrato nel sacco, Houdini si slegava le mani. Quando il coperchio del baule veniva chiuso a chiave, tagliava il fondo del sacco. Mentre le tende dell'armadietto si chiudevano intorno al baule, usciva dal sacco, pronto ad aprire lo sportello segreto. Nell'attimo in cui Jacob entrava nel baule, Houdìni apriva le tende e appariva al pubblico. Intanto Jacob eseguiva il procedimento inverso, entrando nel baule e poi nel sacco. Poiché restava seduto immobile, nessuno sospettava che il fondo del sacco fosse stato tagliato.
Per ottenere l'effetto voluto, bisognava agire con grande rapidità, e Houdini voleva eseguire il numero sempre più in fretta; ma Jacob non riusciva a essere veloce come Houdini, e dopo quattro mesi la loro società si sciolse.
Houdini pensò allora di far lavorare suo fratello Theo. Samuel non poteva concepire che due dei suoi figli fossero illusionisti. Il mondo era per lui diventato un enigma e non ci si raccapezzava più. Nell'autunno del 1892, fece ripetere a Houdini la promessa che il figlio gli aveva fatto quando aveva compiuto 12 anni, e cioè che avrebbe avuto cura di sua madre. Poche settimane dopo, Samuel mori.
L'anno seguente Houdini e Theo andarono all'Esposizione mondiale di Chicago, dove videro un giocoliere che si liberava dalle manette. Il numero delle manette era molto semplice. Prima venivano chiuse intorno ai polsi e quindi coperte da un grande fazzoletto. L'illusionista le apriva di nascosto con un duplicato della chiave. Houdini si esercitò a lungo in questo trucco e cominciò a pensare che sarebbe stato magnifico se avesse potuto fare a meno della doppia chiave ed escogitare un altro metodo per liberarsi.
Nell'estate 1894 i Fratelli Houdini furono scritturati a Coney Island, la grande stazione balneare di Brooklyn. Tra le molte attrazioni di quel popolare parco di divertimenti c'era un numero di canto e danza chiamato Le Sorelle Floral. Theo fece amicizia con una delle sorelle e la presentò a Houdini.

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Era una ragazza bruna, dal viso dolce, piccola ed esile. Si chiamava Wilhelmina Beatrice Rahner, Bess per gli amici,(foto sopra) ed era figlia d'immigrati tedeschi. Houdini se ne innamorò a prima vista e due settimane dopo erano sposati. Lui aveva 20 anni, lei 18. Tornati nell'appartamento di sua madre, Houdini rivelò a Bess i suoi sogni: voleva avere uno spettacolo d'illusionismo tutto suo, della durata di due ore, da presentare nei migliori teatri del mondo; re e imperatori gli avrebbero reso omaggio. Poi, una volta famoso, sarebbe salito alla ribalta del mondo per fare qualcosa di straordinario per il bene dell'umanità. Bess lo ascoltava rapita. In lei aveva trovato la moglie ideale, una donna che lo avrebbe sostenuto per tutta la vita con devozione assoluta e fede incrollabile nelle sue stesse speranze.
Volendo la moglie con sé nel suo numero, le insegnava quel che doveva fare, insistendo sull'importanza della rapidità nell'esecuzione di Metamorfosi. Per questo si esercitavano ore e ore in camera da letto.In breve tempo gli Houdini, come avevano deciso di farsi chiamare, furono pronti a esibirsi nelle birrerie. Non appena compariva l'armadietto con le tende che doveva nascondere il baule, Bess si rivolgeva al pubblico con queste parole: "Batterò le mani tre volte e in quell'istante assisterete a un miracolo!. Si precipitava nell'armadietto e subito si udivano tre colpi... battuti da Houdini, già uscito nel frattempo dal baule. Poi egli apriva le tende e alle sue spalle il baule era chiuso a chiave e legato. Bess era scomparsa. Il tutto avveniva in soli tre secondi. Gli Houdini portarono Metamorfosi in tutti gli Stati Uniti e il successo del numero fruttò loro scritture nei "musei delle meraviglie", un gradino più su delle birrerie. Spesso però erano senza lavoro.

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Negli intervalli fra i loro sporadici impegni, Houdini continuava a pensare a come riuscire a liberarsi da legami di metallo. Andava nei banchi di pegno e nelle rivendite di rottami e comprava tutte le manette che trovava. Le smontava e le rimontava cercando il modo di aprirle senza usare chiavi.
L'anno 1896 trovò gli Houdini a Halifax, nella Nuova Scozia. Era un periodo nero per Houdini, ossessionato dal pensiero che morisse sua madre. Con lei era convinto che avrebbe perso anche il lume della ragione. Sentì quindi nascere dentro di sé una morbosa curiosità di sapere tutto sulla pazzia e andò a visitare un manicomio. Qui vide un alienato violento, chiuso in una cella dalle pareti imbottite, che cercava di liberarsi dalla camicia di forza. La mattina dopo Houdini riuscì a procurarsi una vecchia camicia di forza. A Bess, che lo guardava mentre cercava di liberarsene, dovette sembrare davvero un forsennato. Lottò per ore, e alla fine si lasciò andare stremato al suolo. Continuò un giorno dopo l'altro, con il corpo contuso e dolorante, le dita scorticate e sanguinanti. L'impresa gli riuscì il settimo giorno. Con forza e perseveranza riuscì a portare le braccia davanti al corpo. Apri con i denti le fibbie delle cinghie che serravano le maniche. Aveva ancora le braccia imprigionate, ma allungandole dietro la schiena riuscì ad aprire anche le altre fibbie. Mentre si sfilava la camicia di forza e la lasciava cadere sul pavimento, fu invaso da un inebriante senso di libertà, mai provato prima. Fu come se, insieme alla camicia di forza, fossero cadute anche alcune sue paure.
Ad alcuni cronisti di Chicago andati a intervistarlo disse che era in grado di liberarsi da ogni tipo di manette in uso presso la polizia. Insieme si recarono in un commissariato dove sfidò gli agenti a tenerlo prigioniero. Naturalmente riuscì a liberarsi da tutte le loro manette e l'episodio fu riportato dal quotidiano Journal il 5 gennaio 1899.
La pubblicità data alla straordinaria impresa diede i suoi frutti. Dal palcoscenico del Kohl & Middleton's Houdini sfidò chiunque a tenerlo prigioniero di manette e ceppi. Il pubblico era elettrizzato. Ciò che colpiva l'immaginazione era la certezza che gli oggetti forniti da spettatori paganti, e quindi insospettabili, non fossero truccati. Houdini aveva fatto centro.

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In un commissariato dì San Francisco si liberò da vari strumenti di costrizione, com'era ormai solito fare per ottenere pubblicità. Ma dopo la sua partenza dalla città, l'Examiner pubblicò un articolo in cui si sosteneva che non vi era niente di straordinario in simili imprese, perché bastava avere un duplicato della chiave o un grimaldello.
Quando tornò a San Francisco per una replica dello spettacolo, Houdini sfidò la polizia a tenerlo prigioniero con tutti i mezzi di cui disponeva. Tra la sorpresa di agenti e giornalisti non facilmente impressionabili, Houdini cominciò a spogliarsi. Rimasto completamente nudo, sfidò i presenti a dire dove mai avrebbe potuto nascondere chiavi o grimaldelli. A quel punto nessuno sorrideva più: pur essendo nudo come un verme, Houdini aveva qualcosa di sovrumano: la sicurezza di chi sa che può compiere grandi cose.

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Gli legarono le mani e gli incatenarono le caviglie. Poi unirono. dieci paia di manette per formare una catena tra le mani e i piedi. Infine lo chiusero in un armadio a muro. Dieci minuti dopo egli ricomparve, sciolto dalle manette che risultavano ancora unite l'una all'altra. Quando la gente lesse sul giornale l'episodio, fu sommersa da un'ondata di commozione. Il 30 maggio 1900 salpò per l'Inghilterra, dove presentò il suo numero a Dundas Slater, direttore dell'Alhambra, uno dei migliori teatri di varietà di Londra. Ma Slater non ne fu entusiasta. Le assicurazioni di Houdini sul proprio successo non lo interessavano e i certificati dei capi di polizia di San Francisco e di Chicago non avevano molto valore in Inghilterra. Houdini era preparato a questa difficoltà. Prima di partire dall'America si era impratichito perfettamente delle manette inglesi, e dei pochi modelli regolamentari esistenti non ne aveva trovato nessuno difficile da aprirsi. Propose quindi a Slater di parlare con la polizia per ottenere il permesso di esibirsi in una prova dimostrativa.
Slater scelse la sede più famosa: Scotland Yard. Il sovrintendente in persona ammanettò Houdini a un palo di ferro, dicendo che sarebbe tornato dopo un paio d'ore per liberarlo. Ma Houdini era libero prima che il sovrintendente giungesse alla porta.
Un mese dopo il suo arrivo in Inghilterra da perfetto sconosciuto, Houdini diede il suo primo spettacolo all'Alhambra, presentandosi come il Re delle Manette. Ebbe subito un successo clamoroso e Slater lo impegnò con un contratto a lungo termine. Dagli inizi di luglio alla fine di agosto i suoi spettacoli registrarono sempre il tutto esaurito. Avrebbe potuto fermarsi ancora, ma aveva impegni di lavoro in Germania.
Si esibì prima a Dresda, liberandosi dai formidabili ferri alle gambe e dalle manette in uso nelle prigioni di Mathildenstrasse, le cui serrature pesavano da sole 18 chili. Poi andò a Berlino, dove imparò nelle officine dei fabbri i segreti delle robuste serrature tedesche.
Houdini prese a escogitare nuovi trucchi da eseguire all'aperto, perché le sue prodezze non potevano rimanere confinate in un teatro, ma dovevano spaziare sul più vasto palcoscenico del mondo. Sapeva di dover fare qualcosa di difficile da imitare, e per questo incominciò la sua famosa serie di tuffi dai ponti.
Il primo ebbe luogo il 27 novembre 1906 a Detroit: saltò giù ammanettato e si liberò sott'acqua. Nel maggio del 1907 ripeté l'impresa a Rochester, e quindi a Pittsburgh.
Fino a quel momento la sua incessante ricerca di nuove tecniche gli aveva dato un'indiscutibile supremazia sui suoi imitatori; ma le idee per altri tipi di evasione erano destinate a esaurirsi. Verso la metà del 1907 capì che gli occorreva un altro numero simile a Metamorfosi, e cioè un genere di evasione di cui il pubblico non si sarebbe mai stancato.

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Così inventò l' "Evasione dal bidone d'acqua", che presentò per la prima volta al Teatro Columbia di St. Louis il 27 gennaio del 1908.
Il bidone venne collocato al centro di un telo incerato steso sul palcoscenico. Un gruppo di spettatori, invitato da Houdini a ispezionare il bidone, constatò che era fatto di ferro galvanizzato, con tutte le giunture saldate e rivettate, e dotato di un coperchio da sigillare con sei lucchetti. Alto un metro e sette centimetri, aveva la parte superiore curva e un collo cilindrico; di forma era simile a un bidone del latte, ma aveva una capacità sufficiente a contenere un uomo. Houdini annunciò che il bidone sarebbe stato riempito d'acqua e che egli vi si sarebbe immerso.
Gli spettatori avrebbero chiuso il coperchio e tenuto le chiavi dei lucchetti. Se qualcuno voleva, poteva fornire i lucchetti da usare. Poi tornò fra le quinte mentre il suo assistente Franz Kukol controllava una fila di uomini che portavano in scena secchi d'acqua. Houdini ricomparve in costume da bagno. Disse al pubblico che un uomo poteva sopravvivere sott'acqua per breve tempo, e che dapprima avrebbe dimostrato quanto egli stesso riusciva a restare sommerso. Invitò gli spettatori a trattenere il fiato cominciando dal momento in cui lui andava sott'acqua.
Entrò nel bidone con i piedi. Gli spettatori trattennero il fiato, ma i più dopo un minuto ansimavano e dopo due minuti tutti avevano rinunciato alla prova. Houdini era ancora sott'acqua. Vi rimase per tre minuti prima di riemergere. Poi annunciò che avrebbe tentato di uscire dal bidone con i polsi ammanettati. Uno del pubblico gli mise le manette e Houdini entrò nel bidone. Altri spettatori abbassarono il coperchio sul bidone e lo chiusero con i sei lucchetti. Kukol portò l'armadietto con la tenda per nascondere alla vista il bidone. Un riflettore puntò sull'armadietto mentre l'orchestra incominciava a suonare.
Per i primi due minuti gli spettatori non si scomposero. Dopo tre, cominciarono a mormorare con apprensione. Trascorsi altri 30 secondi, l'ansia divenne insopportabile. Finalmente Houdini uscì dall'armadietto grondante acqua. Alle sue spalle il bidone era ancora chiuso.
Dall'Europa gli giungevano inviti a tornare e il 10 agosto 1908 partì con Bess per la Germania. Aveva 34 anni, pesava 72 chili ed era in perfette condizioni fisiche. Doveva esserlo, perché il numero del bidone era il più difficile che avesse mai tentato e spesso lo replicava anche tre volte al giorno.
Durante l'ennesima tournée in Europa fece una breve sosta a Londra per mettere in scena un nuovo numero e poi proseguì per Berlino, dove intendeva evadere per la prima volta dalla "Cassa della tortura cinese", l'impresa più grandiosa che avesse mai tentato.
Sul palcoscenico faceva vedere la cassa di mogano con rivestimento metallico. La faccia anteriore era costituita da una lastra di vetro, nel caso fosse stato colto da malore o gli fosse venuto a mancare il coraggio. Il pubblico non voleva certo che annegasse, vero? Se si fosse trovato in difficoltà, gli assistenti avrebbero rotto il vetro per salvarlo. Gli spettatori potevano vedere Houdini attraverso la lastra di vetro: immerso nell'acqua, a testa in giù, le caviglie immobilizzate, prigioniero e impotente. La cassa fu coperta dall'armadietto con le tende, mentre due assistenti si tenevano pronti ai due lati; avevano in testa elmi da pompieri, indossavano lunghi impermeabili neri, calzavano stivali di gomma e impugnavano due asce. L'orchestra cominciò a suonare. Passò un minuto, poi due. Il pubblico era teso. Due minuti e mezzo. Tre. Ci furono mormorii d'allarme.

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Come accadeva con il numero del bidone pieno d'acqua, c'era la sensazione di una gara con il tempo, ma questa volta il pericolo era incomparabilmente maggiore. Non solo Houdini era ermeticamente chiuso sott'acqua, ma era anche a testa in giù, imprigionato dai ceppi di legno. La vulnerabilità della sua posizione era terrificante. Alcuni spettatori davano segni di isterismo. Houdini sarebbe certamente annegato, se non era già morto. Qualcuno gridò di salvarlo. Gli assistenti alzarono le asce, ma proprio in quell'istante Houdini ricomparve da dietro la tenda. Dietro di lui la cassa era vuota e intatta, ermeticamente chiusa. Il pubblico esplose in un applauso di sollievo e di gioia, in preda ad ammirato stupore.
Nell'estate del 1913 Houdini interruppe la tournée europea per due settimane di spettacolo a New York, soprattutto perché era l'unica occasione di vedere sua madre quell'anno. La donna aveva 72 anni ed era molto debole.
L'8 luglio Houdini ripartì per l'Europa e la madre andò a salutarlo alla banchina del porto. Houdini la tenne stretta a sé, abbracciandola e baciandola. Poi salì sulla passerella, ma tornò indietro per abbracciarla di nuovo. Non si decideva a lasciarla, e alla fine fu lei ad allontanarlo con dolcezza. Nove giorni dopo, a Copenaghen, gli consegnarono un cablogramma. Lo lesse e cadde a terra svenuto. Sua madre era morta.
Houdini tornò subito in patria, dove Theo gli raccontò le ultime ore della madre. Era stata colpita da paralisi, e la notte seguente, mentre i familiari la vegliavano, aveva cercato di dire qualcosa da comunicare a Houdini, ma le parole non le erano uscite dalle labbra. Era morta a mezzanotte e un quarto.
Houdini pensò che quel messaggio doveva riguardare una crisi familiare scoppiata poco prima della sua partenza per l'Europa. Sadie, la moglie di suo fratello Nat, aveva lasciato il marito per sposare un altro fratello di Houdini, Leopold, e la famiglia aveva giudicato quell'atto un orribile peccato. Houdini voleva molto bene a Leopold, ma non se la sentiva di perdonarlo. Aveva detto a sua madre che si sarebbe fatto guidare da lei, ma era morta prima di dirgli come comportarsi.
Il suo desiderio di comunicare con la madre ebbe il sopravvento sulla ragione, ed egli giurò che se fosse esistito un medium autentico, lo avrebbe trovato anche in capo al mondo.
Ebbe così inizio la sua strana ricerca. Partecipava alle sedute spiritiche con un'espressione ansiosa e rapita sul volto. Anche dopo numerose delusioni, ogni volta che insieme con Bess andava da un nuovo medium, chiudeva gli occhi e si univa con fervore all'inno che dava inizio alla seduta. Questa proseguiva con i soliti messaggi banali e i trucchi di sempre. Allora la sua espressione rapita scompariva e Bess si sentiva stringere il cuore per lui.
Nel Dicembre 1919 partì per una tournée in Inghilterra, paese che trovò in sintonia con il proprio morboso stato d'animo. La guerra aveva privato dei loro cari innumerevoli persone. La perdita di tante vite umane aveva risvegliato l'interesse per lo spiritismo. Famose personalità vi si dedicavano e molti ne scrivevano.

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Tra questi il più autorevole, che esercitò forse la maggiore influenza sul pubblico, fu lo scrittore sir Arthur Conan Doyle (foto sopra), che esponeva le sue convinzioni al limite del fanatismo. Non si accostava all'argomento con la mente logica e analitica del suo celebre personaggio, Sherlock Holmes. Secondo Doyle, la ragione non aveva nulla a che vedere con lo spiritismo: il fenomeno era una verità rivelata. Houdini scrisse a Doyle. Si conobbero e simpatizzarono all'istante. Houdini volle chiarire subito con grande franchezza la sua posizione nei confronti dello spiritismo: era scettico, ma disposto a cambiare opinione, se avesse trovato un medium in buona fede.
Il 3 luglio Houdini s'imbarcò per l'America. Giunto l'autunno, il suo interesse predominante era diventato lo smascheramento di medium. Teneva conferenze presso organizzazioni civiche dicendo al pubblico che nessuno conosceva l'argomento più di lui.
Com'era nel suo costume, lanciò una sfida ai medium, dichiarando che avrebbe pagato 5000 dollari se non fosse riuscito a riprodurre tutti i loro fenomeni spiritici.

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Il corso della sua vita era completamente cambiato. Nel febbraio 1924 si impegnò a tenere 24 conferenze in tutta l'America. Aveva trovato quel che aveva desiderato tutta la vita: un ruolo da sostenere davanti al mondo intero, qualcosa da fare per l'umanità. Ma Houdini conferenziere non dimenticava di essere un uomo di spettacolo. Come sempre eseguiva le sue prodezze e le sue evasioni per attirare la folla. Le conferenze stesse erano un'irresistibile mescolanza di lezioni e di spettacolo. Non solo spiegava come i medium ottenessero i loro effetti, ma li riproduceva lui stesso: tavoli che levitavano, strumenti musicali che suonavano, messaggi che comparivano su lavagne, tutto senza apparente intervento dell'uomo.
Il pubblico ne era entusiasta.
Il 7 ottobre Bess si ammalo. La diagnosi fu intossicazione alimentare. Houdini fece venire da New York un'infermiera che l'aveva già assistita in precedenza. L'8 ottobre rimase al capezzale della moglie tutta la notte. Sabato 9 Bess era abbastanza ristabilita da poter viaggiare con la compagnia fino ad Albany. Tranquillo per la presenza dell'infermiera accanto alla moglie, Houdini andò a New York per un breve impegno di lavoro. Tornò lunedì e rimase vicino a Bess fino all'ora di recarsi a teatro. Non dormiva da tre notti. Nella seconda parte dello spettacolo, mentre si preparava all'evasione dalla cassa della tortura cinese, fu colto da improvvisa stanchezza; ma lasciò che Collins gli mettesse i ceppi di legno e lo sollevasse in alto. I ceppi si mossero con uno scatto e Houdini avvertì un dolore lancinante alla caviglia sinistra. Venne calato sul pavimento e liberato dai ceppi. Si era fratturato la caviglia. Il medico gli suggerì di andare subito all'ospedale, ma Houdini rifiutò. Si fece fasciare la caviglia e tornò zoppicando in scena per continuare la rappresentazione.
Dopo, all'ospedale, lo ingessarono e gli consigliarono di rinunciare ai suoi spettacoli, ma Houdini non aveva nessuna intenzione di farlo. Quella notte, non riuscendo a dormire dal male, si costruì un sostegno per la gamba in modo da arrivare alla fine di quella settimana. La domenica la compagnia partì per Montreal e lunedì 18 esordì al Teatro Princess. La caviglia gli doleva ancora molto.
Houdini non si concesse riposo. Il martedì pomeriggio tenne una conferenza alla McGill University sulle truffe nello spiritismo. Al termine fu circondato da una folla di studenti entusiasti. Uno di loro, Samuel Smiley, gli mostrò un ritratto a matita che gli aveva fatto durante la conferenza. Houdini lo giudicò somigliantissimo e invitò Smiley ad andare a teatro dietro le quinte per eseguire altri ritratti.
Nel pomeriggio di venerdì 22, Smiley e un suo compagno di studi, Jack Price, si recarono in camerino dove Houdini, seduto su un divano, leggeva la posta. Smiley cominciò a ritrarlo. Bussarono ed entrò un altro studente, Gordon Whitehead, che cominciò a chiedere a Houdini cosa pensasse dei miracoli descritti dalla Bibbia. Houdini, occupato con la posta, rispose in maniera vaga. Whitehead continuò con le sue domande e gli chiese se era vero che poteva incassare violenti pugni allo stomaco senza soffrirne. Houdini rispose di sì purché, avvertito, avesse potuto prepararvisi. Whitehead gli chiese se se la sentiva di prendere qualche pugno a titolo di prova. Houdini stava per alzarsi dal divano, quando Whitehead gli sferrò un pugno improvviso allo stomaco con tutta la sua forza. Houdini fece una smorfia di dolore. Whitehead lo colpì ancora tre volte, come un ossesso. Smiley e Price dovettero intervenire per trascinarlo via di peso.
Prima di sera i dolori di stomaco si fecero acutissimi e Houdini eseguì il suo spettacolo soffrendo molto, ma pensando che si trattasse di semplici dolori muscolari. La notte non chiuse occhio. Il giorno dopo, sabato, riuscì a portare a termine lo spettacolo del pomeriggio e quello della sera. Dopo la rappresentazione, la compagnia prese il treno per Detroit dove si sarebbe fermata due settimane. Appena il treno si mise in marcia, Houdini non riuscì più a nascondere il dolore. Raccontò alla moglie dei pugni ricevuti e l'infermiera di Bess gli misurò la temperatura: quasi 39.
Un medico di Detroit gli diagnosticò un'appendicite acuta e chiamò un'ambulanza. Ma Houdini si rifiutò di andare subito all'ospedale: il teatro era tutto esaurito ed egli non voleva deludere il pubblico. Quel che gli costò un simile sforzo nessuno lo seppe mai, ma mandò avanti lo spettacolo come sempre. Alle tre del mattino lo portarono all'ospedale Grace, e nel pomeriggio fu operato. Ma la peritonite causata dall'appendicite perforata era a uno stadio molto avanzato e i medici non gli davano più di 2 ore dì vita.
Per una settimana lottò con la morte, smentendo la prognosi dei medici. Ma la domenica mattina era allo stremo. Afferrò la mano di Bess e se la portò al cuore. Le fece ripetere la loro solenne promessa, che chi fosse morto prima avrebbe cercato di tornare tra i vivi e rievocò con lei le parole del messaggio che avevano convenuto, ROSABELLE, seguito dalle parole in codice che significavano CREDERE. Le disse che quando avesse sentito quelle parole, avrebbe saputo che era lui a parlare.
Bess, malata com'era, rimase al capezzale del marito tutta la mattina, finché sentì che la fine era prossima. Si chinò su di lui e lo tenne abbracciato. Egli non poteva parlare, ma teneva lo sguardo fisso sul volto della moglie. Poi chiuse gli occhi e spirò. Erano le 13.26 del 31 ottobre, la vigilia di Ognissanti, la notte in cui, secondo la tradizione di alcuni paesi, gli spiriti dei defunti tornano sulla terra.

Mario Pappalardo Alias Emanuel Mocury


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